E’ accolto dopo una doppia sconfitta in sede di merito il ricorso in Cassazione dell’uomo condannato a versare alla ex un assegno di ben 9.000,00 euro.
La Suprema Corte (Cass., sezione sesta civile, ordinanza 452/2021, pubblicata il 13 gennaio) accoglie il ricorso e rinvia alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione, chiarendo che l’assegno divorzile ha, in pari misura, una funzione compensativo – perequativa oltre che assistenziale, come stabilito dalle Sezioni Unite Civili con la sentenza 11.07.2018 n. 18287, dopo che la prima sezione civile con la sentenza 11504/17 ha mandato in soffitta il criterio del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio come parametro di riferimento per valutare l’adeguatezza dei mezzi a disposizione del coniuge richiedente.
Nel caso di specie la sentenza impugnata, pur avendo richiamato il principio, non ha correttamente applicato i criteri indicati in quanto ha conferito una portata determinante alla sperequazione esistente tra le disponibilità economiche e patrimoniali delle parti, senza porre il predetto squilibrio in relazione con gli altri parametri di legge ed in particolare con il contributo fornito dalla donna alla formazione del patrimonio familiare e di quello personale del coniuge.
Alla ex, nella specie, l’assegno è stato riconosciuto dal giudice di merito soltanto perché non ha reddito, occupazione né esperienza pregressa senza verificare se la decisione di non lavorare, oltre che concordata con il marito, abbia implicato un impegno di pari portata nella gestione della famiglia, del quale abbia beneficiato anche il coniuge sul piano personale ed economico.
Parola al giudice del rinvio.